E fuvvi un giorno che passò furiando, quel bieco fantasma della guerra; allora udissi un cozzar d'armi, un saettar di spade, un tempestar di carri e di corsieri, un grido di trionfo e un uluante urlo e colà ove fumò di sangue il campo di battaglia, un luttuoso campo santo levarsì, e un'elegia di preghiere, di pianti e di lamenti.

mercoledì, maggio 03, 2006

Annibale il Grande!


C'era una volta il Regno delle Due Sicilie, con i suoi Re, i suoi nomi eleganti, la lingua magica, i nobili potenti, i preti consolatori, le cugine zitelle e povere traformate in serve...
Poi, improvvisamente, tutto scompave, arrivarono gli Amedei Savoiardi, l'italiano ("una lingua barbara"), i notai ed i medici, la borghesia, i giacobini!
Unico modo per sopravvivere a queste sciagure è chiudersi in casa, rifugiarsi nel letto, subissare la cugina serva e avere quale unico contatto con il mondo un pretino di paese.
Questa è la scelta di Donna Clotilde, Baronessa ottocentesca protagonista di Ferdinando di Annibale Ruccello.

Ieri sera prima al Piccolo.

Continue interruzioni per gli applausi del pubblico ed ovazione finale di 15 minuti, pure i giornalisti in piedi.

La prima parte dello spettacolo è esilarante, la seconda tragica.
La tragedia del passaggio storico, la povertà, la solitudine, la passione della carne, l'ipocrisia della società, la furbizia, l'arrivismo dei nuovi potenti e la forza d'animo della "nobiltà" sono i temi di quest'opera originalissima e potente.

La passione erotica che fa venir meno ogni punto fermo in pochi attimi, è impersonata da un ragazzo con i capelli biondi e ricci: Ferdinando, che arriva come un angelo e se ne va vestito da angelo ma con l'animo di diavolo.
Il nuovo, la nuova società che sostituisce il fastoso Regno, sembra essere solo un posto di furbi, di approfittatori, di gente disonesta.
Per sopravvivere si deve ridere, come fa Donna Clotilde quando cala il sipario.

Non sapevo chi fosse Annibale Ruccello, con E. si pensava di assistere ad uno spettacolo di una noia mortale, invece la sorpresa.