E fuvvi un giorno che passò furiando, quel bieco fantasma della guerra; allora udissi un cozzar d'armi, un saettar di spade, un tempestar di carri e di corsieri, un grido di trionfo e un uluante urlo e colà ove fumò di sangue il campo di battaglia, un luttuoso campo santo levarsì, e un'elegia di preghiere, di pianti e di lamenti.

lunedì, giugno 26, 2006

C'è chi dice no

Ok, siamo solo all'inizio, ma i numeri (stavolta) sembrano chiari.
Mai come ieri son stato felice di dire NO.

Dopotutto...
"Il genio è un uomo capace di dire cose profonde in modo semplice."
Charles Bukowski

9 Comments:

Blogger apepam said...

shhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh.......
Non lo dire! :)
shhshhshh....

6:47 PM, giugno 26, 2006

 
Blogger laollo said...

26 giu 19:44
Referendum: vince il No con il 61,7O%
ROMA - Il Viminale ha reso noto il dato definitivo dello scrutinio del referendum sulla riforma della Costituzione approvata dal centrodestra nella scorsa legislatura. Il No ha vinto il con il 61,7% delle preferenze contro il 38,3% del Si'. (Agr)

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ora possiamo BRINDARE

8:10 PM, giugno 26, 2006

 
Blogger apepam said...

Ok, ora si! Ehm... cioe' ora NO, pero' brindiamo :))
bzzzzzzzzzzzzzzz
bzzzzzzzzzz
bzzzzzzzzz
bzzz!!!!!!!!

10:14 AM, giugno 27, 2006

 
Blogger laollo said...

BEN GLI STA!

Lega al Bivio - «Gli italiani fanno schifo»

«Un po’ deluso». Tre parole. Tre parole soltanto e hai la misura di come sia cambiato Umberto Bossi. Ma come: «un po’ deluso» dopo una batosta di queste dimensioni? Solo una manciata di anni fa, davanti a una legnata molto meno dura, la sconfitta alle comunali ambrosiane del sindaco uscente Marco Formentini, era stato assai più brutale: «A Milano sono un po’ cazzoni, non hanno capito il gioco di restaurazione». Di più: «Ora sappiamo che la Lega non potrà mai vincere dove ci sono immigrati meridionali». Di più ancora: «La Lega ha in mano il Nord, meno Milano e Torino dove gli immigrati hanno preferito votare un pezzo di merda piuttosto che aiutare il Nord». «Un po’ deluso?». Anni di accordi parlamentari sottoscritti con l’amaro in bocca, di rospi ingoiati turandosi il naso, di voti incommestibili per il popolo pedemontano come quelli alle leggine fatte per salvare questo o quell’interesse del Cavaliere o di alcuni suoi sodali... Avevano digerito tutto, i leghisti duri e puri, nel nome mitico della devolution. Perfino il calar di brache davanti alle proteste dei forestali calabresi (con parallela auto-candidatura di Roberto Calderoli di offrirsi come commissario) o lo sventurato accordo elettorale con gli «autonomisti» di Raffaele Lombardo o la sordina del quotidiano leghista a ogni scandalo che emergeva nel Mezzogiorno e che una volta sarebbe stato sparato a tutta pagina. Perfino l’arroccamento in difesa, dopo l’esplosione dello scandalo della Banca Popolare di Lodi, dell’allora governatore della Banca d’Italia, che spinse il direttore della Padania Gianluigi Paragone a scrivere imbarazzato: «Morire sotto le insegne di Antonio Fazio da Alvito non era previsto nel contratto di assunzione a direttore...». Perfino il crac della CrediEuronord. Perfino l’idea di votare contro Franco Marini, alla presidenza del Senato, quel Giulio Andreotti che aveva rappresentato con la Dc una delle ragioni di insofferenza da cui la Lega era nata: «Abbiamo mandato giù anche questa», scrisse allora il responsabile del quotidiano del Carroccio: «Ora, non chiedeteci più nulla di diverso se non ciò per cui ci impegniamo in politica: il federalismo politico e il federalismo fiscale».
Risultato? Zero. E l’Umberto che dice che sì, certo, «sopra il Po il Sì è stato del 55%, come si sapeva e come si poteva arguire. Ma sono un po’ deluso del resto del Paese che se ne frega di cambiare le regole e la Costituzione». Quindi? «Ci proveremo ancora, anche in Galles e in Scozia...». E con quelle sole parole appare non solo avere definitivamente smesso con le sparate di un tempo e la canottiera da metalmeccanico con cui si presentò anni fa tra i vip della Costa Smeralda per dimostrare anche con la biancheria intima che lui era venuto a fare la rivoluzione. Ma di essersi definitivamente «costituzionalizzato» al punto di sembrare il più moderato di tutti.
Più moderato, lui che era l’istrionico e bellicoso e talvolta esagitato trascinatore, di Roberto Maroni secondo il quale con la vittoria del No «non si parlerà più di federalismo per i prossimi 50 anni». E del deputato forlivese Gianluca Pini, per il quale il Sì ha stravinto dalle sue parti perché, tesi suicida, «i veri romagnoli non sono andati a votare» e sono dunque stati sommersi dai «compagni andati a votare in massa per difendere il pane quotidiano che sono costretti a mangiare lavorando nelle cooperative o perché pienamente inseriti nell’ingranaggio della cupola politica e affaristica che ammorba il sistema». E di Roberto Calderoli, convinto che al Nord abbia vinto il Sì tranne in Emilia, «che fa parte del centro Italia».
Più sobrio e compassato addirittura del governatore azzurro-leghista che Giancarlo Galan, che denuncia la vittoria dell’ «orrido partito dei conservatori, l’inquietante partito estremista non eletto dal popolo e composto dagli ex presidenti della Repubblica, il misero partito degli assistiti in eterno, il partito delle cooperative e delle banche controllate dalla finanza rossa» che avrebbe spinto l’Italia a «volgere le spalle al futuro». Per non dire di Francesco Speroni, l’amico di sempre, che davanti al risultato referendario ha sputato: «Gli italiani fanno schifo e l’Italia fa schifo. Perché non vuole essere moderna e hanno vinto quelli che vogliono vivere alle spalle degli altri». O delle furenti telefonate in diretta a radio Padania o ancora dei messaggi on-line nei forum degli elettori leghisti. Il punto è che per Bossi comincia adesso, proprio adesso che il corpo lo ha tradito e la voce è fioca e l’infermità gli rende tutto tremendamente difficile, la più complicata delle sue partite politiche: spiegare al «suo» popolo che valeva la pena.
Valeva la pena di passare cinque anni a fare la parte dei giannizzeri fedelissimi al Sultano di Arcore e di pagar pedaggi malvisti nei bar di Oderzo e Olginate e incassare sconfitte elettorali a ripetizione e rassegnarsi a tutto per ottenere quel «passaggio storico» con quel mucchio di compromessi e passaggi parlamentari oggi di colpo cestinato.
Certo, potrebbe anche lui tirar su il morale alle truppe raccontando come Andrea Gibelli che «le parti più avanzate del Paese hanno votato Sì». E fingere lui pure che Piemonte e Liguria e Val d’Aosta e Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna (quasi dodici milioni di elettori a larga maggioranza per il No) siano arretrate e clientelari e un’altra cosa rispetto alla mitica Padania. E tapparsi gli occhi per non ammettere che non una delle capitali del vagheggiato settentrione, da Torino a Genova, da Aosta a Bologna, da Trento a Bolzano e perfino Milano e Venezia e addirittura Trieste appena riconquistata, ha votato a conferma della «costituzione di Lorenzago». O strillare come Andrea Pastore, uno dei «piccoli padri» che stese la carta affossata, che «ci sono stati brogli» tra gli italiani all’estero (dove peraltro hanno vinto i Sì), ignorando che il No ha seppellito tutti sotto quasi sei milioni di voti in più.
Non era tipo un tempo, Umberto Bossi, da stendere pannicelli caldi su una catastrofe elettorale di queste dimensioni. Ed è lì che comincia il problema che lo impegnerà nei prossimi mesi e nei prossimi anni: come spiegare ai suoi che ne valeva la pena? Come spiegare che quell’82,5% di Sì dei calabresi non va tradotto nella prova che occorre tornare a quel razzismo anti-meridionalista che anni fa gli faceva barrire contro «i terroni»? Insomma: da dove ripartire? Un problema suo. Ma anche dei suoi compagni di strada.

Gian Antonio Stella - Corriere della Sera (27.06.06)

10:58 AM, giugno 27, 2006

 
Blogger laHeather said...

Ho avuto i brividi quando ho letto che la RAI ha sfruttato ancora la Nexus...a sentire quel 62% relativo agli intention poll ho pensato: ma è l'ennesima provocazione?

Dispiace però leggere queste cose sul Corriere...

http://www.corriere.it/Primo_Piano/Editoriali/2006/06_Giugno/01/panebianco.shtml

12:29 PM, giugno 27, 2006

 
Blogger laollo said...

ormai sul mercato sembra rimasta solo la Nexus...
all'inizio del pomeriggio anch'io avevo una paura boia :)

per Panebianco che dire: il mondo è bello perchè è vario!

2:13 PM, giugno 27, 2006

 
Blogger laHeather said...

Che peccato che non ci sia più Luigi Crespi, il sondaggista di fiducia del Berlusca! Ricordo con piacere le bandierine blu di Fede... :op
Il mondo è bello perché è vario o è avariato?

10:38 AM, giugno 28, 2006

 
Blogger Amministratrice said...

visti i risultati, solo in Lombardia e Veneto siamo circondati da dementi.
Però avere Scalfaro come leader del comitato per il No mi ha un po' turbata.

12:23 PM, giugno 28, 2006

 
Blogger laollo said...

@ laheater
Luigi Crespi se nn sbaglio sta sondaggiando in carcere, no?
l'avaria del mondo mi piace come concetto :)

@ amministratrice
la sai la barzelletta su Scalfi e i corazzieri?
nn so raccontarle, ma recuperala, sembra che il Presidente li adorasse!

3:09 PM, giugno 28, 2006

 

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