E fuvvi un giorno che passò furiando, quel bieco fantasma della guerra; allora udissi un cozzar d'armi, un saettar di spade, un tempestar di carri e di corsieri, un grido di trionfo e un uluante urlo e colà ove fumò di sangue il campo di battaglia, un luttuoso campo santo levarsì, e un'elegia di preghiere, di pianti e di lamenti.

martedì, maggio 16, 2006

Meglio finire? Pensiamoci....

Adesso arriva lui apre piano la porta
poi si butta sul letto e poi e poi
ad un tratto io sento afferrarmi le mani
le mie gambe tremare e poi e poi e poi e poi
spegne adagio la luce, la sua bocca sul collo
ha il respiro un po' stanco ho deciso lo mollo
ma non so se poi farlo o lasciarlo soffrire
l'importante finire
adesso volta la faccia questa e' l'ultima volta
che lo lascio morire e poi e poi
ha talento da grande lui nel fare l'amore
sa pigliare il mio cuore e poi e poi e poi e poi
ha il volto sconvolto io gli dico ti amo
ricomincia da capo e' violento il respiro
io non so se restare o rifarlo morire
l'importante e' finire.

2 Comments:

Anonymous Anonimo said...

Passata è la tempesta:

Odo augelli far festa, e la gallina,

Tornata in su la via,

Che ripete il suo verso. Ecco il sereno

Che rompe là da ponente, alla montagna;

Sgombrasi la campagna,

E chiaro nella valle il fiume appare.

Ogni cor si rallegra, in ogni lato

Risorge il romorio

Torna il lavoro usato.

L’ artigiano a mirar l’ umido cielo,

Con l’ opra in man, cantando,

Fassi in su l’uscio; a prova

Vien fuor la femminetta a còr dell’ acqua

Della novella piova;

E l’ erbaiuol rinnova

Di sentiero in sentiero

Il grido giornliero.

Ecco il sol che ritorna, ecco sorride

Per li poggi e le ville. Apre i balconi,

Apri terrazzi e logge la famiglia:

E, dalla via corrente, odi lontano

Tintinnio di sonagli; il carro stride

Del passeggier che il suo cammin ripiglia.

Si rallegra ogni core.

Sì dolce, sì gradita

Quand’ è, com’ or,la vita?

Quando con tanto amore

L’ uomo a’ suoi studi intende?

O torna all’opre? o cosa nova imprende?

Quando de’ mali suoi men si ricorda?

Piacer figlio d’ affanno;

Gioia vana, ch’è frutto

Del passato timore, onde si scosse

E paventò la morte

Chi la vita abborria;

Onde in lungo tormento,

Fredde, tacite, smorte,

Sudàr le genti e palpitàr, vedendo

Mossi alle nostre offese

Folgori, nembi e vento

O natura cortese,

Son questi i doni tuoi,

Questi i diletti sono

Che tu porgi ai mortali. Uscir di pena

È diletto fra noi.

Pene tu spargi a larga mano; il duolo

Spontaneo sorge: e di piacer, quel tanto

Che per mostro e miracolo talvolta

Nasce d’ affanno, è gran guadagno. Umana

Prole cara agli eterni! assai felice

Se respirar ti lice

D’ alcun dolor: beata

Se te d’ogni dolor morte risana.



Ovviamente sapete tutti di chi è!
E.

9:33 PM, maggio 17, 2006

 
Blogger laollo said...

:)

10:07 AM, maggio 18, 2006

 

Posta un commento

<< Home